last edited in April 2007    


 

After almost forty years of creative activity, the name Enore Zaffiri still sounds "new", as his extraordinary artistic output has remained to a great extent unreleased. Pioneer of multimedia, electronic and ambient music (he founded the Turin Studio of Electronic Music in 1964) Zaffiri used the electronic instrument to find a new musical perspective based on a structuralist principle derived from Euclidean geometrics. From this principle he was able to determine the various sound parameters and formal and spatial dimensions of his compositions. He then started an interdisciplinary research which is still unremittingly going on today.

Every composition is based on a precise numerical sequence, which is the generating element of the piece itself. For example, a seminal work like Tr/e/54 – his first electronic composition – is based on the equilateral triangle, and its graphical score is a visual organisation of the sound parameters (pitch, intensity, duration).


GENRE: early electronic music, ambient music
FORMAT: 12" 33rpm black vinyl LP, custom labels
DESCRIPTION: gatefold wallet silver cover with silver foil design,diecut holes, transparent inner sleeve, english/italian 4-page booklet,computer art 4-color sheet
COPIES: 300 total


:: interview 

 

 

 

Negli anni 60 incomincia ad interessarsi all’utilizzo dell’elettronica nella musica contemporanea. Come nasce questo interesse per qualcosa che all’epoca era pura sperimentazione? La risposta è strettamente collegata a una presa di coscienza circa l’evoluzione del linguaggio musicale occidentale. Dopo Webern, che applicava con metodo rigoroso la tecnica dodecafonica di Schoenberg, il linguaggio musicale occidentale era giunto al suo limite. Si poteva asserire che i 12 suoni della gamma temperata avessero esaurito la loro funzione. Sono anni nei quali si sentiva parlare di esperimenti con apparecchiature elettroniche che forniscono la possibilità di spaziare su tutte le frequenze udibili, cioè una gamma praticamente infinita di suoni, con disponibilità di controllare esattamente l’altezza, l’intensità, la durata e la formazione dello spettro sonoro, ossia il timbro. È in questo contesto che rivolgo la mia attenzione alla nascente musica elettronica. A cavallo degli anni sessanta fonda lo Smet e lo Studio di Informazione Estetica.

Come lavoravano e come erano organizzati?

All’inizio degli anni ’60 a Torino si nota un interesse per il movimento “strutturalista”. Già stavo sperimentando un metodo di organizzazione sonora basato su uno schema grafico geometrico. Con alcuni
amici, fra i quali il pittore Sandro De Alexandris, il poeta Arrigo Lora Totino e l’architetto Leonardo Mosso fondiamo lo “Studio di Informazione Estetica”, con lo scopo di creare un centro per presentare opere di carattere strutturale e compiere studi interdisciplinari. In questa contesto comincio ad estendere la mia ricerca alla correlazione fra suono e immagine, prendendo in considerazione lo schema geometrico come base per operare contemporaneamente nei due campi. Inoltre organizzo un corso di Musica Elettronica gratuito, mettendo a disposizione dei giovani interessati le mie apparecchiature e il mio metodo di sperimentazione. Queste esperienze sono pubblicate nel libro “Due Scuole di Musica Elettronica in Italia”. Come era in quegli anni l’ambiente accademico musicale? Oggi, forse a torto, siamo abituati a pensare alla struttura del conservatorio come ad un’entità poco aperta alle innovazioni, più radicata alle tradizioni che alla ricerca, mentre allora accolse il suo studio guardando al futuro… Dal 1954 sono docente di Cultura Musicale Generale presso il Conservatorio “G. Verdi” di Torino. Il Ministero della Pubblica Istruzione, a conoscenza della mia attività nel campo della musica sperimentale, nel 1968 mi invitava, con l’autorizzazione del Direttore, a fare un corso sperimentale di Musica Elettronica presso il Conservatorio di Torino, che, dopo quello di Firenze, è il secondo Conservatorio d’Italia ad aver iniziato la didattica in questo campo.

Parte del suo lavoro è basato su un processo compositivo relazionato alla geometria euclidea, o a elementi matematici… cosa significa esattamente? Che “strumenti” utilizza per le sue composizioni? Quanto è il prodotto della macchina e quanto quello della sensibilità dell’uomo?

L’elemento strutturale che ho utilizzato per i miei lavori (e che ho ripreso dopo una
parentesi di libera creatività), nasce dalla necessità di coordinare l’uso dell’immenso panorama sonoro offerto dagli apparati elettronici. C’erano due possibilità di approccio: affidarsi al puro estro,
adattando i nuovi suoni sulla base di supporti puramente sensoriali, oppure procedere con un certo ordine per controllare la nuova materia sonora e sperimentarne i risultati, frutto di una ricerca. Solo in seguito, dopo aver acquisito una certa esperienza, procedere con maggior libertà. Ho adottato la seconda ipotesi. In cosa consista la struttura di base costituita di una figura geometrica euclidea non è facile spiegarlo in poche parole. Cerchiamo! Prendiamo per esempio un triangolo equilatero. Dividiamo ogni lato con 9 punti a distanza regolare. Abbiano in totale 27 punti. Ad ogni punto facciamo corrispondere: una frequenza, cioè un suono a nostra scelta; un’intensità, sempre a nostro piacimento; un timbro, onda sinusoidale, o triangolare, o quadra, o a rampa. L’interno della figura è percorso da un tracciato di libera scelta, cioè da un insieme di rette che collegano i vari punti inseriti nei tre lati della figura. Queste rette risultano di diversa lunghezza. La lunghezza della retta che collega il punto di un lato ad un punto di un altro lato, misurata in millimetri, ci dà la durata del suono, attribuendo ad ogni millimetro, per esempio, un secondo. Percorrendo tutto il tracciato interno dalla figura si ottiene una successione di suoni differenti in altezza, intensità, durata e timbro, che è alla base del progetto sonoro. Visto che il tracciato può avere come inizio un punto qualsiasi dei 27, si possono avere varie letture del progetto, che, se con discrezione si sovrappongono, danno origine ad una polifonia. Questo è il principio base, ma si possono fare tutte le varianti che si vogliono, sia nella scelta della figura sia nella sua organizzazione strutturale interna e nell’individuazione dei parametri sonori. Per esempio nel corso delle mie esperienze ho inserito in ogni punto della figura non un solo suono, ma una cellula sonora più complessa, come un breve ritmo e un accenno di melodia, oppure un impasto timbrico più elaborato. Insomma tutto dipende dalla creatività. Lo schema generale non è che una piattaforma di base. Originariamente gli strumenti che ho usato erano oscillatori, in parte costruiti da me stesso. Oggi sul mercato c’è un’infinità di scelta per accedere a suoni elettronici. In diverse tappe della sua carriera ha sviluppato produzioni artistiche che, anche se lontane dalla composizione musicale, ne sono sempre state legate: installazioni, sculture, video pittura, video arte.

Vuole parlarne?

Come ho già accennato, l’esperienza strutturalista l’ho estesa all’interdisciplinarietà, usando la stessa struttura di base da adattare a soggetti visivi come sculture, oggetti cinetici, ecc. Ho anche realizzato con il pittore Antonio Calderara un’esperienza in comune. Intorno agli anni ’70 ho compiuto una svolta, dovuta anche all’apparizione sul mercato dei sintetizzatori, dedicandomi alla libera creatività. I primi sintetizzatori non erano come quelli attuali destinati alla musica di consumo, ma erano degli studi di musica elettronica in miniatura, che offrivano la possibilità di fare musica elettronica dal vivo. Ho lavorato parecchio in questo campo, abbinando anche i suoni elettronici alla voce umana e scrivendo partiture particolari. Poi ho esteso l’attività all’uso della telecamera, riportando in video alcune mie composizioni per voce e sintetizzatore. In seguito ho sviluppato quella che ho denominato “video pittura”, cioè riprese con la telecamera, poi elaborate elettronicamente, sempre collegata ad un fatto sonoro. Dalla metà degli anni novanta ho ripreso lo schema geometrico per elaborare al computer immagini e suoni. Ad ogni punto della figura geometrica attribuisco un’immagine e un suono o una cellula sonora, che si evolvono nel tempo secondo lo schema di base. Il risultato è quello che definisco “Il quadro del 2000”, cioè immagini in movimento, abbinate alla musica, che nel corso della giornata sono in continua evoluzione. Non più il quadro statico, ma una visione che si dipana nel tempo, come la musica.

Negli ultimi mesi è uscito il suo lavoro “Musica Reticolare” per la prestigiosa etichetta Die Schachtel. Come nasce questo progetto?

La “Musica Reticolare” riguarda le mie prime esperienze fatte negli anni 60, nelle quali applicavo esclusivamente l’elaborazione della figura geometrica. Il Progetto Tr.e.27 si riferisce appunto al triangolo equilatero con 27 punti o frequenze. Da anni ormai si dedica anche alla reinterpretazione di brani classici con strumenti elettronici.

In cosa consiste questa tecnica?

Avendo un’esperienza pianistica, ho voluto sperimentare se fosse possibile utilizzare i suoni campionati forniti dai nuovi mezzi elettronici per ricreare delle interpretazioni pianistiche. Poiché il virtuosismo tecnico viene superato, l’attenzione è rivolta alla scrupolosa lettura dello spartito, alla nitidezza dell’esecuzione e, in base alla propria sensibilità e capacità, all’interpretazione. A mio avviso, l’utilizzo di questa possibilità, potrebbe dare al dilettante il piacere di esplorare personalmente un vasto repertorio musicale senza la preoccupazione tecnica e con risultati talvolta soddisfacente.

:: reviews 

 

 

 

Mario Biserni , Sands-zine, June 2004

La Die Schachtel sta svolgendo un ottimo lavoro di documentazione su una tradizione elettronica, quella italiana, molto più ricca di quanto la storiografia possa lasciar credere. Più ricca e assolutamente non limitata alla triade BerioNonoMaderna che, se non altro, ha ottenuto un pur minimo riconoscimento ufficiale. Dopo Pietro Grossi, i riflettori sono puntati adesso, con questo secondo vinile del catalogo, su Enore Zaffiri, sperimentatore sonoro e visuale nella Torino che va dal primo dopoguerra ad oggi. Lì svolge attività didattica e lì appronta lo Studio di Musica Elettronica e lo Studio di Informazione Estetica (il secondo insieme a Sandro de Alexandris e Arrigo Lora Totino). Lì porta avanti i suoi esperimenti di musica elettronica e video-art. La musica reticolare del titolo sta ad indicare una tecnica compositiva basata su formule geometriche e/o matematiche, linee che si svolgono riavvolgono, che provengono dal nulla dirette all’infinito, che si sovrappongono e si sottraggono, che sfuggono, tangenti, alla memoria dell’ascoltatore, rigenerandosi ad ogni nuovo appuntamento… e di punti che si dilatano, si sommano, corrono annichilendosi e producendo gli stessi risultati. Sperimentatore, non tanto per azzardate e impenetrabili costruzioni armoniche quanto per tecniche creative assolutamente originali e precorritrici dei tempi. La sua è una musica priva di certezze. Una musica problematica. Questo vinile raccoglie sei composizioni (o frammenti) che vanno dal 1965 al 1968. Le prime cinque racchiudono nel titolo la strutturazione stessa del reticolo sonoro, Tr/e.54.IV, ad esempio, sta ad indicare ‘triangolo equilatero.54suoni.4sequenze’, vale a dire una composizione strutturata sulla figura di un triangolo equilatero, dove lo schema grafico altro non è che un’organizzazione dei parametri sonori. Il sistema così messo a punto può generare quattro sequenze di 54 suoni ciascuna (vedi fra le immagini l’ardita partitura del brano). Il quinto brano è una variante del quarto, e ciò rende solo una piccola idea dell’infinita possibilità di variazioni che offrono tali sistemi di scrittura. L’interesse verso Pr/5.a e Q/81 può spostarsi oltre, nel senso che questi due brani rappresentano diversi esempi di collaborazione con altrettanti pittori: Salvador Presta e Antonio Calderaia. Nel primo caso Zaffiri ha costruito uno schema basandosi su un quadro del pittore mentre nel secondo caso pittore e musicista hanno lavorato assieme, ne è nata un'opera interdisciplinare (“Progetto Q/81”) pubblicata in Germania dalla Hofhaus Presse di Düsseldorf. Ancor più interessante, e direi splendido, l’ultimo brano in scaletta. Un breve frammento di un progetto idealmente destinato a un miraggio sonoro della durata di un anno, e di cui sono state realizzate solo due ore che richiesero una quantità spropositata (in tempo) di lavoro. L’idea dei primi sperimentatori elettronici visti come alchimisti alla ricerca della pietra filosofale – una musica infinita – è veramente suggestiva e seducente. Il nostro ultimo apprezzamento va alla Die Schachtel per la splendida confezione, arricchita da due paginone ricche di note – ah, quanto vi ho attinto… - e da altre due pagine contenenti la riproduzione di alcune immagini realizzate al computer dallo stesso Zaffiri.

All about Jazz, June 2004 - by Ermes Rosina

Nell'ambito dell'appassionata (e appassionante) opera di documentazione sulla musica elettronica della milanese Die Schacthtel (per leggere la recensione di "On Air", CD/CD-Rom dedicato a Christina Kubisch clicca qui), si fa apprezzare la pubblicazione di alcuni lavori, finora inediti, composti da Enore Zaffiri nel periodo 1965-1968.
Insieme a Vittorio Gelmetti, Pietro Grossi (alle cui musiche l'etichetta ha già dedicato un Lp) e Walter Branchi - nomi ai quali andrebbero aggiunti almeno Domenico Guaccero e Franco Evangelisti, se la loro poliedrica attività non impedisse l'inquadramento in un campo specifico - il torinese è uno dei grandi outsiders della sperimentazione elettronica, rimasti (immeritatamente) all'ombra di Berio, Maderna e Nono e dei frequentatori dello Studio di Fonologia della Rai di Milano. Eppure l'impegno di Zaffiri è stato ed è tuttora (a settantasei, vitalissimi, anni) altamente significativo: già docente al Conservatorio di Torino, qui ha fondato nel 1964 lo Studio di Musica Elettronica di Torino (S.M.E.T.), divenuto in breve tempo un pilastro della ricerca accanto ai centri di Milano, Roma e Firenze. Successivamente i suoi interessi si sono sviluppati verso il sintetizzatore, combinato con la voce e soprattutto verso l'indagine sul rapporto fra suono e immagine (iniziata già nel 1965, con la fondazione dello Studio di Informazione Estetica, e proseguita sino a oggi con diverse opere di video-pittura). L'aspetto visuale caratterizza anche i brani incisi su questo splendido vinile (come al solito, peraltro, Fabio Carboni e Bruno Stucchi non hanno lesinato risorse per questa uscita discografica: tiratura limitata, note zeppe d'informazioni e una confezione pregevolissima). Non soltanto, infatti, il metodo compositivo di Zaffiri poggia strutturalmente sulla geometria euclidea (come testimonia la partitura dell'iniziale "Tr/e.54.IV", che appare come un fitto intreccio di triangoli), ma - quasi a evidenziare ulteriormente l'importanza del legame creato fra fenomeno sonoro e visivo - diversi brani sono stati concepiti per la sonorizzazione di mostre o ambienti (quali "Pr/5.a" e "Musica per un anno") o realizzati in stretta collaborazione con pittori a partire da una figura geometrica data (come le due varianti di "Q/81", in cui Antonio Calderara si è occupato della componente visuale). Ne nasce una musica potentemente evocativa, a dispetto dei titoli che sembrano riferirsi ad asettici esperimenti di laboratorio.
Sorprendono al contrario l'arcaica levità di questi suoni e insieme la ferrea, ma non rigida, organizzazione: reticoli sonori, appunto, intrichi di linee e punti finemente intrecciati, frammentati e ricomposti attraverso sottili variazioni.
Se i suoni sinusoidali di "Q/64.II" ricordano le coeve sonorità (siamo nel 1966, ma le coordinate culturali di riferimento sono affatto diverse) ricercate da Pauline Oliveros, pur con un senso strutturale più coeso e un impatto meno irruento, "Pr/5.a" appare invece come una tela dalle sfumature infinitesime eppure sempre mutevoli, apprezzabili grazie a un ascolto sufficientemente concentrato.
Analoga la fascinazione suscitata dal lento ma inesorabile trascolorare delle frequenze in "Q/81" e, per contrasto, dalla densa massa sonora, prossima al collasso, nella breve "Q/81/M". In "Musica per un anno", infine, astri dalla luce tersa sembrano pulsare nella volta celeste, stagliandosi su una galassia di rumore bianco: massima epifania di una musica elettronica "pura" (nel senso più pieno), distante anni-luce dall'inquinamento acustico che ci ha resi orfani (e perciò quanto mai bisognosi) della poesia. Valutazione: * * * * ½

Keith Fullerton Whitman - Mimaroglu

this way of working with electronic sounds allowed enore zaffiri a wide range of choices within any compositional structure: a sound generator or a signal modulator cannot be kept completely under control, they appear to free themselves. in this way he was able to generate surprising sounds: there no longer exists a fixed structure, only infinite lines with endless duration. it is a net of sounds that permeates the space and fills it with a crystal-like quality.