last edited in June 2007    


 

My music is the result of a long period of meditation - an act of complete self-recognition. I realised that the so-called “discourse on the evolution of musical language” no longer interested me. I considered it a nuisance and I clearly felt that it was false, schizophrenic, insincere and imposed by the current ideology, which is so difficult to reject. I had to admit that it was “myself” the real object of my interest and that whatever I was going to do would be reflected directly into my actions, my music, dance and painting.
I have completely refused either the idea of organising sound or trying to establish any kind of relationship between movement and signs. I want to turn my experience into consciousness, while rediscovering the true and essential gesture and at the same time having the courage to manifest it openly. I also understood that authenticity lies neither in the “intentional act”, which was the basis of my previous work – which I don’t reject anyway – nor in a naïve and extemporaneous “spontaneity”, but rather in what could be called a “conscious spontaneity”. It becomes therefore possible to live any moment of time in just the way one really wants to; one can observe him or herself while transforming an impulse into action, being fully aware of the completeness of that moment. This is when beauty is born. I can feel it springing from the self-awareness, a “self” that transcends “ego”, language and time, and which can give expression to universally accepted elements.
I am no longer interested in the production of creativity, but rather in its expression, in the manifestation of a truly creative existence. This is in no way a “tabula rasa”: I don’t think it will ever be possible to avoid conditioning factors – I simply do not identify myself with them anymore. I reject the formal organisation of sound as well as the tight relationships imposed on both sound and movement; I reject any form of rationalisation that comes from the outside, like some sort of imposed rhythm. I respect the vital and biological rhythm only and, above all, the ontological one. From now on I will work on the primary subject: the living human being.

Franca Sacchi, 1972


GENRE: Early Electronic Music, Concrete Music
FORMAT:12" 33rpm black vinyl LP, custom labels
DESCRIPTION: gatefold wallet gold cover with gold foil
design, custom inner sleeve, english/italian 8-page booklet,
COPIES: 300 total


GENRE: Early Electronic Music, Concrete Music
FORMAT: LP (artist's multiple)
DESCRIPTION: special multiple, consisting in a limited edition of 60 vinyl records, with special wooden box in gold leaf individually hand drawn, signed and numbered by the author

:: reviews 

 

 

 

Freaks and Future, September 2004

Die Schachtel continues to push design and packaging 'standards' to uncanny new heights. their 3rd deluxe vinyl only presentation by Franca Sacchi of early electronic music is another sight for sore eyes. Gold cover gatefold wallet with additional gold foil design. custom made inner sleeve and an impressive well documented 8 page english/italian booklet. One of the very few female composer of early electronic music. Franca Sacchi studied at the famous RAI Studio of Fonologia in Milan in the 60s. and developed the En-static principle which included improvisation. electronic music. ritual. performance. teaching and meditation. Her electronic music focuses mainly on sound. which is treated as raw material and endlessly explored. Sacchi's free concept of duration and deep emotional feel brings her closer to Eliane Radigue and La Monte Young. especially for the long and sustained tones which are suddenly turned into pulsations and gritty sound textures. This LP record presents her first attempts (four previously unreleased tracks) in the field of electronic and concrete music. from the late sixties to 1972. There's no doubt left. Die Schachtel have their finger on the pulse of concrete music.

Sandszine, August 2004 - by x e. g. (no ©)

Questo è il terzo capitolo dedicato dall’etichetta milanese alle radici della nuova musica elettronica italiana (intendendo con vecchia quella di derivazione seriale) e, ancora una volta, si tratta di un centro pieno. Franca Sacchi, dopo Pietro Grossi e Enore Zaffiri, ripropone concetti che vedono la musica quale parte di un insieme più complesso dalle profonde implicazioni politico-filosofico-sociali. ‘Presenza enigmatica e riservatissima, Franca Sacchi ha dedicato tutta la sua vita alla musica, alla danza e allo yoga. Nel corso degli anni ha condotto una complessa ricerca interdisciplinare operando un’integrazione della musica con tutte le manifestazioni formali, dalle arti visive allo spettacolo, cercando di ridiscutere in modo radicale gli stessi presupposti del fare musica.’ (dalle note di copertina). Appare chiaro, già da queste parole, come l’universo sonoro di quest’artista possa essere difficilmente penetrabile, e/o comprensibile, se decontestualizzato dalle istanze che lo muovono. Ovvero può essere compreso, ma solo alla superficie, nel marginale aspetto fisico-strutturale del suono stesso, restando invece oscura, con ciò, la spinta che ha portato alla sua creazione. Ripetitività, minimalismo, circolarità, space sound, persino la propensione ludica mostrata dal lungo brano che occupa l’intero secondo lato del disco, non sono che la buccia, la veste, che nasconde una purezza trascendente dalla sterilità (banalità) di tutte le definizioni ipotizzabili.
‘«Mi resi conto che il “discorso sull’evoluzione del linguaggio musicale” non solo non m’interessava più, ma mi dava fastidio: lo sentivo falso, forzato, schizofrenico, ed imposto dall’ideologia corrente, dalla quale però non avevo il coraggio di staccarmi..» Franca Sacchi, 1972.’ (dalle note di copertina). Sembra chiaro come Franca Sacchi si tiri fuori da tutti i movimenti, le estetiche e le ideologie correnti, e l’unica idea di definizione della sua musica si frantuma contro quella linea che divide l’angusto dall’infinito. Sì, perché l’unica definizione plausibile mi sembra quella di ‘musica concreta’, in quanto nasce e trova ispirazione dalla bellezza delle cose, e pare quasi un controsenso incollarla ad un’esperienza così spirituale. ‘«Ho cercato di ripristinare il significato, l’intenzione e la funzione originarie, creando un modo di fare musica (e danza) che parte da “dentro” (en-statico), a differenza di “estatico” (dal greco, “uscir fuori”) e che vanno sempre più “dentro”. Dove non c’è l’esaltazione della personalità, né il divismo, ma si tratta di coincidere realmente con Sé, non di aderire a qualcosa di prefissato, o di imparare coreografie.» Franca Sacchi, 1978.’ (dalle note di copertina). Musica come ricerca interiore, francescana nel significato più puro, che sorge stimolata dalla bellezza delle cose e, come i nativi americani chiedevano scusa all’erba prima di calpestarla, così l’artista milanese sembra volersi discolpare nei confronti degli elementi a cui ha rubato tanta bellezza. Sappiamo però che la ricerca interiore è un motivo individuale, non collettivo né condivisibile, e da ciò deriva la difficoltà d’approccio a questo disco. La penetrazione non può, infatti, che essere inversa: non infiltrarsi dentro la musica ma farsi infiltrare da essa, fare della sua deliziosa silhouette il punto di partenza per approfondire, e stimolare, il proprio viaggio incontro a se stessi.
I quattro brani sono datati al triennio 1970-1972, oggi Franca Sacchi ha abbandonato la composizione in favore di una metodologia improvvisativa che viene anche insegnata in una scuola creata da lei stessa. Tra le altre attività di cui si occupa ci sono la ‘Compagnia Alta Pratica d’Arte, da lei fondata e diretta, il canto lirico e il canto gregoriano.
"EN" è stato realizzato anche in una versione a tiratura limitata, racchiusa in un cofanetto di legno, di 60 copie numerate e firmate dall'artista. Grazie alla Die Schachtel che ha rispettato il ‘non c’è due senza tre’ e, dal momento che siamo più che soddisfatti, attendiamo ora con ansia

Blow Up 77, October 2004 - by Gino Dal Soler, page 112

"La mia musica è il risultato di un lungo periodo di meditazioni, una presa di coscienza di me stessa globalmente...Rifiuto l'organizzazione formale, la ricerca di relazioni imposte ai suoni o ai movimenti, la razionalizzazione "dall'esterno", il ritmo imposto... Rispetto il ritmo vitale, biologico, soprattutto ontologico. L'operazione è quindi ora sul soggetto, è sull'essere vivente, in quanto vivente e in quanto essere... " Così si raccontava Franca Sacchi nel 1972, risultato di un'esperienza intensissima per quanto misconosciuta ai più, nell'ambito della composizione elettronica contemporanea. Negli anni che vanno dal 1966 al 1975, la troviamo infatti a frequentare lo studio di Fonologia della Rai, mentre nel 1968 fonda a Milano il Centro Ricerche Musica Elettronica, che dirige fino al 1970. Ma ben presto Franca Sacchi abbandona la composizione per dedicarsi all'improvvisazione, sia musicale che coreutica. In questo contesto nasce il suo concetto di "En-statica", felice integrazione di elementi come improvvisazione, danza, rito, insegnamento e performance, meditazione e naturalmente anche musica elettronica. Un agire che è anche e soprattutto lavoro sul sé, en-statico vuoi dire proprio partire da dentro, contrariamente all'origine greca di es-tatico che significa uscir fuori. Un processo che va sempre più in profondità dunque, dove il corpo si fa musica divenendo inscindibile da essa. Un'esperienza non dissimile per più di un verso da quella di La Monte Young e soprattutto di Eliane Radigue, cui mi è parso di cogliere un'intima e spirituale affinità specie nella prima facciata del disco. Ainsi fut le Commencement, il n'y aura pas de Fin, Arpa Eolia, Quando mi hanno ucciso, se così posso dire. E quindi rinasco, sono infatti magnifiche tessiture basate su lunghi toni sostenuti, che sono anche accorata meditazione sull'essere suono", proprio come accade con la compositrice francese. Nella seconda facciata, Danza Mia Cara del 1971, l'elettronica si fa più pulsante, percorso in movimento e divenire. Mai pubblicate prima, queste composizioni sono la manifestazione non solo di un momento passeggero di Franca Sacchi, ma di tutta un'esistenza realmente creativa. (8)

Keith Fullerton Whitman - Mimaroglu

first release of any music from this time-obscured composer, done in hyper-standard die schachtel fashion... this means that the record (with a metallic-printed label) comes in a gatefold sleeve (metallic-printed and embossed cardstock) with a wraparound 2-color info-ribbon... inside is an 8-page metallic-printed 12” x 12” libretto with copious photos and liners in italian and english, plus a metallic-printed inner sleeve, plus an invitation to an opening by sacchi (albeit one that took place on july 8th, 2004, but a nice touch nonetheless).“ainsi fut le commencement il n’y aura pas de fin” (roughly, “thus there was the beginning, there will be no end”) does a fine job in invoking worlds-other via distant bleeping and low-end dronecraft.“arpa eolia” (“aeolian harp”) is a positively doom-laden, dissonant pipe-organ etude “quando mi hanno ucciso, se cos“ posso dire. e quindi rinasco” (roughly, “when they have victim of a murder to me, if therefore I can say. and therefore revive.”) is concerned with subtle tonal shifts of oscillating, filtered figures.
finally, “danza mia cara” (“we danced my beloved“) is a positively frazzled extended display of backwards tape effects/histrionics and raw blurbling modular synth (my only reference points for something as alien would be pierre henry’s brainwave-epic “mise en musique du corticalart” and perhaps the best side-long early 70s schnitzler tumblers). Pure magic in sound, no less...