The Wire (March 2008)
29 year old Andrea Belfi is one ofthe more productive elements in Italy's minimal rock underground. His inventive, dirgelike drumming
and enhanced electronics are a notable ingredient in groups like Christa Pfangen, Rosolina Mar, Medves and other assorted collaborations. Working alone, his music seems to emanate from some very private cocoon of improvisation, a bower of retreat wrought in hollow, funereal drumming, haloed by a drifting pollen of percussive effects. On his previous solo album, Between NeckAnd Stomach (Hapna 2006), he attempted to acoustically animate his ricuse, making it "a living creature with its own voice", for example hitting on frequencies that wouid cause kitchen implements to rattle and hum. That hypersensitivitv to sound and space continues on Knots, whose "Parte Primera" engulfs you slowly and tenderly, like thè unfurling tentacles of some underwater mollusc. Some of it is reminiscent of Steve Jansen's recent work, and the various incarnations of Dean Roberts are anothertouchstone - Roberts's phrase "uneasy flowers" (the title of his new Autistic Daughters CD) aptiy describes Belfi's compiate Belfi imagines his pieces as wordiess songs, and thè four 'parts' here do seem to divide into repeated sections like verses and choruses, though more in thè way of retuming to discrete atmospheres. Thè drum kit is closely recorded and contact miked, spreading its mass across and beyond thè stereo field,
trailing a dead weight of percussive asides like a tinker's pots and pans. Music such as this is too easily a mere exercise in dexterity or
endurance; Belfi manages to combine ali the pieces of his puzzle into something witb a consistent, downcast mood.
ROB YOUNG
Chicago Reader (April 2008)
Young italian percussionist Andrea Belfi is part of a growing rank of creative musicians smashing the limitations of genre, seeing no good reason that rock and experimental music, for instance, need to be defined as distinct fields, much less in opposition to each other. He's played in the rock-tinged duo Christa Pfangen and in texture-oriented improvisational ensambles like Medves, but I've found his solo work to be the best. On the new [c]Knots[/c] (Die Schachtel), a four part suite, Belfi wends his way a calm grace through gradually shifting terrain that reveals rich detail all around. Centered on his peripatetic but steday drumming, which governs the pulse of the music even when it occasionally drops out, [c]Knots[/c] ebs and flows with various combinations of electric and acoustic drones, looped samples, minimalist melodic patterns and tuned percussion resonances.It all reminds me of a more spacious and chilled-out Radian.
Peter Margasak (chicagoreader.com)
Sound and Silence webzine (March 2008)
Devo dire che il disco precedente di Belfi, su Häpna, non mi aveva pienamente convinto; i brani erano ottimi se presi singolarmente ma sembravano non funzionare come insieme, non c'era coesione, e il tutto appariva troppo frammentato (in realtà i brani erano stati concepiti in situazioni e momenti differenti). Questo nuovo disco, viceversa, si fa apprezzare proprio per la forza dell'insieme percepibile, fin da prima dell'ascolto, già nella scelta di dividerlo non in titoli ben distinti ma in quattro parti che appaiono come componenti di un unico indissociabile. La cosa che balza subito all'occhio è il fatto che in "Knots" Belfi usa essenzialmente quello che è il suo strumento, cioè la batteria, e lo fa con classe e raffinatezza, tendendo ad unificare la tradizione contemporanea europea legata all'uso delle percussioni (da Stockhausen a Jason Khan, attraverso l'AMM) con la tradizione nera (quella che da Max Roach porta a Milford Graves). È così che entra prepotentemente in gioco la tradizione afro dello strumento, con un insistentre tambureggiare che si assomma a sottili linee di feedback (almeno credo che si tratti di questo e comunque tale è l'effetto) o a rarefatti giochi di tastiera (e devo ripetere l'almeno credo) suonata dallo stesso Belfi o campionata che sia. Tale avvicinamento all'Africa potrà apparire anche strano ma in realtà non lo è affatto, dal momento che il percorso di ogni batterista curioso e intelligente non può che, prima o poi, portare da quelle parti. Ma c'è di più, e con "Knots" Belfi torna a quella impalpabilità ed a quel minimalismo che alla terza edizione di "Superfici Sonore" aveva fatto in modo che il suo concerto in coppia con Ciro Fioratti stupisse tutti e fosse ricordato da alcuni (compreso il sottoscritto) come il miglior concerto della rassegna. Etero Genio
Vital Weekly n°618 (March 2008)
As far as I can remember from the Belfi concert, in relationship to 'Knots', I think this CD is the culmination of playing that material. Belfi is a drummer, but one with a soft, gentle touch. He doesn't have the harsh banging methods of say Jon Mueller, but his work is more about silence. He carefully hits a bit, even a rhythm or two (be reminded that this is hardly the work of improvisation), to which he adds a small, delicate blend of electronics (hammond organ perhaps, humming, static crackles). Perhaps it is ambient, but not of the well-known kind. Belfi actually does something that crosses the paths of ambient, post rock and electronica (and perhaps even a bit of ethnic music, I should add), and has crafted a really beautiful piece of work. Belfi bends the genre a bit further. (FdW)
Blowupmagazine (February 2008)
Andrea Belfi alla prova di quanto buono realizzato finora, soprattutto in "Between Neck And Stomach", di un anno e mezzo fa.Il batterista, che oltre al suo strumento utilizza anche l'elettronica, propone quattro traccie dalla costruzione similare: percussioni che ipotizzano poliritmie molto limpide e sfondi elettronici che costruiscono un apparato di 'arrangiamento' anch'esso spartano e minimale; solo nella parte quarta vengono inseriti (quelli che dovrebbero essere) samples di voci fantasmatiche che arricchiscono, ondivaghi, un ritratto di estrema semplicità e suggestione (7) Stefano Isidoro Bianchi
Nero Magazine (March 2008)
Ho avuto modo di guardare il live-solo che Andrea Belfi porta avanti dal 2005, e la cosa che mi ha colpito di più è stata la capacità di controllo su un set piuttosto complicato da gestire, composto da una delicata sezione percussiva amplificata e una serie di devices elettroniche. Nonostante il groove sia generato da lievi percosse e frizioni di pelli e piatti, l'elemento della tensione sembra uscire con forza, comprimendo lo spazio d'azione e indirizzando verso un uso più pragmatico i drones e i crepitii dal sapore elettroacustico. Probabilmente è ciò che viene prima dell'avant-Belfi a imprimere carattere specifico, una formazione accademica da musicista ed un retaggio hardcore. Molto spesso si è parlato di come mai un genere così bimidensionale sia background dei progetti più solidi di questi tempi. Si potrebbe insinuare che è l'insito rigore a fare la differenza, e sicuramente nel caso del padovano Andrea Belfi anche il metodo e la dedizione. Knots raccoglie questa esperienza live, ricostruendo in quattro movimenti una scatola sonora composta da delicate poliritmie, soffici linee di basso e libere sonorità aliene. Da notificare: il disco è edito dalla Die Shachtel, che con la collana Zeit ha deciso di sostenere la leva dei musicisti contemporanei più promettenti della scena nostrana. Bene così, mentre noi ci preoccupiamo del catastrofico tracollo italiano, qualcuno si prende cura di ciò che di ottimo siamo ancora capaci di fare. (Francesco de Figueiredo) |